I compiti dei
rivoluzionari in Venezuela
La formazione del Psuv (Partito Socialista Unico del
Venezuela), promossa dal governo di Hugo Chavez, è uno dei temi centrali della
realtà politica di quel Paese e più in generale del dibattito politico
latinoamericano. Da una parte, con una campagna realizzata dall'apparato di
governo, due milioni di venezuelani si sono già affiliati a quel partito
(Chavez ha detto che il suo obiettivo è arrivare a quattro milioni di
aderenti). Dall'altra, si è aperto un intenso dibattito all'interno delle forze
che rivendicano il chavismo sull'entrare o meno nel Psuv.
In questo processo, si è diviso il Partito della Rivoluzione
e del Socialismo (Prs), fondato alcuni anni fa da dirigenti sindacali di
origine trotskista ma che si definisce chavista. Un settore, guidato da Stalin
Pérez Borges, ha deciso di entrare nel Psuv, mentre un altro settore, guidato
da Orlando Chirino, ha deciso di mantenere una organizzazione politica
autonoma. Una divisione, sicuramente, si esprimerà anche nella Ccura (Corrente
Classista Unitaria Rivoluzionaria Autonoma), organizzazione sindacale legata a
questo partito, con un peso nella Unt (Unione Nazionale dei Lavoratori).
E' chiaro che la scelta se entrare o no nel Psuv coinvolge
non solo questioni teoriche bensì, principalmente, questioni molto concrete:
che caratterizzazione si fa di Chavez, quale è il bilancio dei suoi otto anni
di governo.
Perché
entrano nel Psuv?
Nella
dichiarazione in cui annunciano la loro decisione di entrare nel Psuv, Stalin
Perez Borges e una ventina di dirigenti del Prs, dopo aver espresso alcune
critiche, affermano: "ci sono centinaia di migliaia che, pur vedendo
questi problemi e lotte interne, vanno alle riunioni del fronte, alle sue
iniziative, raccolgono le sue proposte. Vogliono in realtà costruire questo
partito come strumento per accelerare la marcia verso il socialismo. E' la base
popolare dei lavoratori e della gioventù, quella che chiede di veder nascere
questo partito e non permette che nessuno la fermi... Vogliamo ora stare vicini
a queste migliaia di migliaia di compatrioti nel Psuv, vogliamo lottare insieme
per difendere un progetto di partito socialista, rivoluzionario e profondamente
democratico, dove non abbiano spazio le oligarchie, i privilegi e i rappresentanti
di una nuova borghesia, tutti grandi pericoli da cui è afflitta la nostra
rivoluzione. Entriamo nel nuovo partito per essere parte dell'immensa forza
antimperialista che genererà e per esserne l'avanguardia e far sì che tutti
possiamo sviluppare una militanza anticapitalista... dove confluire con tutti
coloro che vogliono questo partito per approfondire la rivoluzione fino al
socialismo, senza burocrati, senza corrotti, senza latifondisti né
padroni."
Secondo
questi dirigenti si deve entrare nel Psuv per dare battaglia, insieme con le
migliaia di militanti operai e del popolo che stanno entrando in quel partito
perché esso sia uno "strumento per approfondire il cammino verso il
socialismo" contro la "oligarchia, i privilegi e i rappresentanti di
una nuova borghesia" che sono "i grandi pericoli da cui è afflitta la
nostra rivoluzione". Il "processo rivoluzionario venezuelano"
sarebbe secondo loro combattuto al suo interno tra due opzioni: un settore
(Chavez, migliaia di attivisti, i firmatari di questa dichiarazione) vuole
farlo avanzare; un altro settore (i privilegiati e una nuova borghesia) vuole
frenarlo. Siccome il Psuv sarebbe lo scenario di questa battaglia, non entrarvi
equivarrebbe a rinunciare a combatterla. E' importante segnalare che varie organizzazioni
trotskiste convergono con questo ragionamento, comprese alcune di origine
morenista, come il Mst argentino o il Mes brasiliano (corrente interna del
Psol).
Un
metodo che volta le spalle alla realtà
La
posizione di questi dirigenti rappresenta una nuova esibizione della teoria del
"governo combattuto al suo interno" tra due tendenze opposte creata
da diverse organizzazioni di sinistra per giustificare il loro appoggio a Lula
in Brasile o a Kirchner in Argentina: sarebbe necessario entrarvi per appoggiare
i settori "progressivi" contro quelli "reazionari". Ora
questa modalità viene estesa anche al partito di governo.
Per
parte nostra, riteniamo che questa teoria sia completamente sbagliata perché
muove da un errore essenziale: non definisce la natura di classe del governo
che si suppone "combattuto al suo interno". Definirne la natura è
molto semplice: quale classe sociale domina lo Stato venezuelano con Hugo
Chavez? Perché dopo otto anni che è al potere non è avanzato in una lotta coerente
contro il capitalismo e l'imperialismo, nonostante la sua retorica
"socialista"? A nostro avviso, il governo Chavez ha una "tara
genetica" che gli impedisce di farlo: è un governo borghese, che difende lo
Stato capitalista e gli interessi della borghesia.
In
un'edizione precedente del Correo Internacional (febbraio 2007) abbiamo
sviluppato ampiamente questo aspetto, che viene analizzato anche nella
dichiarazione dell'Ust. E' sufficiente esaminare la politica chavista su temi
fondamentali come il pagamento puntuale del debito estero (6.000 milioni di
dollari nel 2006); il controllo da parte delle grandi compagnie straniere del
40% della produzione petrolifera e il loro dominio incontrastato in aree chiave
come l'industria automobilistica; la stagnazione dei salari e il misero livello
di vita dei lavoratori; l'ingresso del Venezuela nel Mercosur, ecc. Altro tema
centrale è il rafforzamento costante delle Forze Armate borghesi come base di
appoggio principale del governo. Perfino le misure più progressive, come la nazionalizzazione
di alcune imprese, utilizzata come scusa da molte correnti politiche per
motivare il loro appoggio al governo di Chavez, sono misure isolate e molto
limitate, fatte attraverso l'acquisto a buon prezzo dei pacchetti azionari
(qualcosa di assolutamente normale nel sistema capitalista).
Comunque
la si giri, non vediamo da nessuna parte quell'"avanzamento verso il
socialismo" (o la possibilità di avanzare in tal senso) che sarebbe
promosso dal governo. Siamo invece di fronte a un governo borghese che vuole
gestire un Paese capitalista. Di più: che non ha modificato il fatto che il
Venezuela è una semicolonia delle potenze imperialiste, specialmente degli
Stati Uniti. Dunque, è in questo quadro che dobbiamo analizzare le vere ragioni
della costruzione del Psuv.
In
questo contesto gli imprenditori fanno molti buoni affari e, per questo, molti
di essi aderiscono al chavismo. Come i miliardari Marcos Zarikian (proprietario
degli Hotel Eurobulding e considerato come il principale magnate dell'industria
tessile venezuelana), Alberto Vollmer (proprietario di Rum Santa Teresa, una
delle principali catene di centri commerciali del Paese), Victor Vargas
Irausquin e Victor Gil Ramirez (proprietari delle banche Occidental de
Descuentos y Fondo Comun) che hanno appena inglobato l'organizzazione Impresari
Socialisti del Venezuela, presieduta dall'ex dirigente di Accion Democratica,
José Agustin Campos. Queste figure e i rappresentanti della
"boliborghesia" (la "borghesia bolivariana"), come Diosdado
Cabello (governatore di Miranda e capo del Comando Nazionale del Mvr, che in
pochi anni si è trasformato in proprietario di varie imprese), saranno i veri
padroni del Psuv.
Un
tardivo bonapartismo sui generis
Secondo
la nostra opinione, il governo di Chavez può essere paragonato a quello che
Trotsky definì come "bonapartismo sui generis". Cioè governi
che sono l'espressione della borghesia di Paesi arretrati che cerca di
appoggiarsi sul movimento di massa nel tentativo di compensare la propria
debolezza di fronte all'imperialismo e poter fare una pressione su di esso per
guadagnare un margine maggiore di "indipendenza". Esempi di questo
tipo furono il Pri messicano, il peronismo argentino, il Mnr boliviano o le
correnti nazionaliste arabe, come il nasserismo.
Già
Trotsky segnalava che, anche nel loro momento di apogeo, a causa del loro
carattere borghese questi movimenti sono incapaci di portare a fondo una lotta
antimperialista e prima o poi finiscono col capitolare. Un pronostico che la
storia del XX secolo ha pienamente confermato.
Nel
caso del chavismo, le condizioni economiche e politiche attuali del mondo fanno
sì che queste limitazioni strutturali siano ancora maggiori e ancora minore sia
lo spazio delle borghesie nazionali per "giochi nazionalisti
indipendenti". Minori sono anche i margini per fare concessioni economiche
alle masse. Ciò che spiega perché la lotta antimperialista del chavismo è molto
più retorica che pratica e perché non abbia migliorato il livello di vita
popolare.
Il
Psuv: uno strumento borghese per controllare le masse
Sicuramente,
c'è un aspetto di questo tipo di governi che si ripresenta costantemente: nel
loro intento di appoggiarsi sulla mobilitazione delle masse "giocano col
fuoco", difatti c'è il serio pericolo che questa mobilitazione trabocchi
verso un processo rivoluzionario indipendente che rompa il quadro di
compatibilità dello Stato borghese. Per questo hanno la necessità imperiosa di
esercitare un controllo ferreo sulle mobilitazioni e di costruire "dighe
di contenimento" per evitare che trabocchino.
Uno
studio storico ci dimostra che questo tipo di governi usa due strumenti
principali. Il primo è la costruzione di un partito totalmente disciplinato
attorno a un leader con poteri discrezionali e con propri "delegati"
da lui designati ai vari ruoli. Basta vedere ciò che furono il peronismo e il
Pri messicano o il nasserismo per capire il criterio con cui si sta costruendo
il Psuv (si veda l'articolo in queste stesse pagine).
Non
esiste nessuna possibilità che questo partito divenga lo strumento in cui
possano esprimersi in forma democratica e organizzata le aspirazioni di
trasformazione sociale delle masse venezuelane, visto che esso viene costruito
dallo Stato per ottenere esattamente l'opposto: controllare e incanalare le
masse. Chiamare le masse a entrare nel Psuv, lungi dal favorire una
mobilitazione autonoma, contribuisce soltanto a rinchiuderle nel "recinto
bonapartista" che sta costruendo per loro la borghesia per evitare
precisamente quella mobilitazione. A maggior ragione in quanto questo appello
viene fatto in nome della "avanzata verso il socialismo".
Aggiungiamo,
infine, che il carattere bonapartista di questi governi li vede impegnati a
restringere gli spazi democratici in generale. Un esempio di ciò è stata la
votazione parlamentare che ha concesso "pieni poteri" a Chavez per
governare. Non c'era nessuna ragione che giustificasse questa misura visto che
il governo ha una maggioranza assoluta in parlamento e può quindi approvare
tutte le leggi che vuole. In realtà è stata una dimostrazione di sottomissione
al leader.
Altro
tema chiave: l'autonomia sindacale
L'altro
strumento attraverso cui si vogliono controllare le masse è la trasformazione
della struttura sindacale in un apparato completamente dominato dal governo,
attraverso i suoi agenti, senza nessun margine (o con margini molto ristretti)
di democrazia operaia. Ecco perché Chavez ha attaccato la "autonomia
sindacale" nel suo discorso al Teatro Teresa Carreno: "i sindacati
non devono essere autonomi, bisogna finirla con questa cosa."
Il
progetto del chavismo è far sì che la Unt sia ridotta a essere solo il braccio
sindacale del governo e del partito di governo, uno strumento di sostegno alla
sua politica, liquidando ogni possibilità che divenga una vera organizzazione
sindacale dei lavoratori. Fa parte di questo progetto il volere che al suo
interno non esista nessuna corrente con una qualche autonomia e con carattere
indipendente, come è ora la Ccura. Si vuole che ogni discussione venga risolta
"disciplinatamente" dentro al Psuv.
Finora,
viene invitato alle assemblee e alle riunioni del Psuv come
"rappresentante" della Unt Rubén Linares, della Federazione dei
Trasporti, tra i firmatari della dichiarazione a cui abbiamo fatto riferimento.
Sebbene egli sia stato votato dalla base della sua categoria come uno dei
"coordinatori" dell'Unt, nessun organismo del sindacato generale lo
ha scelto per esercitare tale ruolo. Altri coordinatori con peso e prestigio
come Orlando Chirino o anche Marcela Maspero, che finora è stata una disciplinata
militante chavista ma che ha poi commesso l'"errore" di fare alcune
critiche, non sono stati invitati. E' un primo segnale del fatto che il governo
pretende di designare con il Psuv la futura direzione della Unt? E' questo il
metodo che difendono Stalin Perez e lo stesso Rubén Linares?
Che
fare ora?
Questa
riflessione teorica e politica ha uno scopo molto concreto: definire quali
obiettivi devono sostenere ora gli attivisti operai rivoluzionari in Venezuela.
In questo senso, vogliamo riassumere brevemente le nostre proposte.
a)
Difendiamo il diritto di tutte le organizzazioni operaie e popolari a rimanere
fuori dal Psuv senza per questo essere "punite" dal governo o
obbligate forzatamente a entrarvi.
b)
E' soprattutto importante la difesa della "autonomia sindacale". I
sindacati devono essere dei lavoratori e non del governo o del Psuv. Siamo per
la creazione di una Unt autonoma che sia un vero strumento di lotta della
classe operaia. In questo senso, crediamo necessario che si tenga una nuova
assemblea plenaria della Ccura che respinga la risoluzione di gennaio di
ingresso nel Psuv.
c)
Il Psuv sarà il partito borghese di un governo borghese. Per questo, i
lavoratori venezuelani devono costruire un proprio partito, una organizzazione
che sia realmente lo strumento dell'indipendenza politica dalle organizzazioni
della borghesia e, soprattutto, dal governo chavista e dal Psuv.
d)
E' necessario elaborare un programma di obiettivi anticapitalisti e
antimperialisti il cui perseguimento apra un reale percorso verso il
socialismo. Visto il suo carattere borghese, è impossibile che questo programma
e questi obiettivi possano essere applicati dal governo di Hugo Chavez. Solo un
vero governo dei lavoratori e delle masse popolari venezuelane potrà
realizzarlo.
e)
Per sostenere fino in fondo questi obiettivi, è necessario costruire in
Venezuela un partito socialista rivoluzionario che sia disposto a portare
questa lotta fino alle estreme conseguenze. In questo senso, il primo passo è
elaborare un programma di opposizione e di lotta contro il governo di Chavez
che col suo falso socialismo favorisce l'imperialismo e la borghesia
venezuelana e attacca la classe operaia.
Siamo
sicuri che, in molti di questi compiti, lotteremo uniti con vari dirigenti che
si sono rifiutati di entrare nel Psuv. Ma deve essere chiaro che saranno lotte
contro il governo e la politica che applica in ognuno di questi ambiti.
Siamo
consapevoli che Chavez è oggi appoggiato dalla maggioranza delle masse
venezuelane che lo vedono come il "proprio governo". In questo senso,
riteniamo che sia di piena attualità l'orientamento di Lenin, nell'aprile del
1917, di fronte a un governo borghese che contava su un vasto sostegno delle
masse. Riprendendo le sue parole, possiamo dire che il compito principale,
"finché siamo in minoranza" è "spiegare pazientemente alle masse
la completa falsità di tutte le promesse" di Chavez (sulla marcia verso il
socialismo) perché comprendano "la necessità che tutto il potere passi
nelle mani" della classe operaia.
(traduzione
di Francesco Ricci)
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Un
esempio storico
Il
peronismo negli anni Quaranta
Nell'articolo
principale di questa edizione affermiamo che la politica del governo Chavez non
rappresenta nessuna novità storica e che somiglia a ciò che fecero il peronismo
argentino, il Pri messicano o i partiti del nazionalismo arabo, seppure in
questo caso con maggiori limitazioni. Abbiamo detto anche che una parte
importante della politica chavista è originata dalla necessità di controllare
in modo ferreo le mobilitazioni del movimento di massa, per evitare che
trabocchi oltre gli argini dello Stato borghese, e che ciò avviene attraverso
l'assoggettamento dei sindacati allo Stato e costruendo un partito
burocraticamente centralizzato attorno a un leader.
Un
periodo della storia argentina illustra chiaramente come viene perseguito
questo obiettivo di controllare e disciplinare le masse da parte di una
direzione borghese. Il peronismo considera come sua "data di nascita"
il 17 ottobre del 1945, quando una mobilitazione di massa liberò il colonnello
Peron, già ministro del lavoro in un governo militare imprigionato da altri
settori di quel governo. La mobilitazione fu convocata da vari dirigenti
sindacali, tra questi Cipriano Reyes, degli alimentaristi.
Successivamente,
questi dirigenti sindacali formarono il Partito Laburista che fu la base della
prima vittoria elettorale peronista, nel 1946. Ma, dopo il trionfo, Peron,
benché fosse stato il primo iscritto del laburismo, dissolse quel partito e
creò il Partito Giustizialista, rigidamente disciplinato attorno alla sua
direzione personale. Contemporaneamente, incarcerò e torturò diversi dei
principali dirigenti laburisti che si opponevano a quello scioglimento, come lo
stesso Cipriano Reyes, che rimase per sette anni in carcere. Il fatto è che,
nonostante l'appoggio leale alla sua candidatura e al suo governo, il Partito
Laburista rappresentava per Peron un pericoloso processo di organizzazione
operaia indipendente.
Per
parte sua, la Cgt (Confederazione Generale del Lavoro) fu incorporata come
"ramo sindacale" del Partito Giustizialista, a fianco del "ramo
politico" e del "ramo femminile". Tutti quei dirigenti sindacali
che non poterono essere cooptati nel partito o nel governo, e per questo
mantenevano qualche elemento di indipendenza (fossero di sinistra o burocrati),
furono espulsi dalle categorie sindacali e dalla direzione generale del
sindacato, e rimpiazzati da una corrotta sfilza di agenti fedeli al governo.
E'
quanto successe, per esempio, con la direzione di sinistra della Fotia (operai
dello zucchero di Tucuman), dopo uno sciopero. O con Luis Gay, dei telefonici,
un altro dei fondatori del Partito Laburista, obbligato a rinunciare alla
segreteria generale della Cgt, nel 1948, per difendere la "autonomia"
del sindacato. Viceversa, l'esponente di spicco di questi agenti fedeli al
governo divenne José Espejo, un dirigente quasi sconosciuto del sindacato degli
alimentaristi, che assunse il ruolo di segretario generale, nel 1949, e
mantenne questo incarico fino al rovesciamento del peronismo, nel 1955. Una
battuta dell'epoca diceva che era stato scelto perché era "un buono
specchio del governo."
Ci
sembra che l'attuale situazione venezuelana abbia molti punti di somiglianza
con quella dell'Argentina di quel periodo: rafforzato dalla sua recente
vittoria elettorale, Chavez ha deciso di procedere verso un ferreo controllo
dei sindacati. La definizione di "controrivoluzionari" che utilizza
per chi si oppone all'ingresso nel Psuv o difende la "autonomia sindacale"
della Unt prelude forse al trattamento che a essi riserverà, similmente a
quanto fece Peron con Cipriano Reyes?
(traduzione
di Francesco Ricci)