Partito di Alternativa Comunista

Il nucleare colpisce ancora

Il nucleare colpisce ancora

Note sul disastro giapponese e la situazione italiana

 

 Claudio Mastrogiulio

 

Nonostante il silenzio di gran parte dei giornali e delle televisioni nazionali, ci è giunta notizia dell'incidente nucleare avvenuto poco tempo fa in Giappone. In seguito ad un terremoto di magnitudo 6,8 della scala Richter, nella città di Kashiwazaki (sede dell'impianto nucleare più potente del mondo in termini di capacità di rilascio energetico) è avvenuta la perdita di materiale liquido radioattivo in mare. La centrale nucleare è di proprietà della Tepco, il primo produttore di elettricità dell'Asia.

 

Il caso Giapponese e le sue implicazioni

 

Quest'azienda era già ben nota in Giappone da qualche anno quando, nel 2003, in seguito ad uno scandalo sulla sicurezza degli impianti, fu costretta a chiudere tutte le centrali della nazione. Inizialmente un comunicato dell'azienda aveva gettato in pasto all'opinione pubblica proclami tranquillizzanti e tendenti a minimizzare l'accaduto. Si è infatti immediatamente detto che la perdita di acqua con materiale radioattivo in mare corrispondeva alla "innocua" quantità di 1,5 litri (non è assolutamente così, in mare sono precipitati un centinaio di barili, scaricando 1200 litri di acqua radioattiva). Bisogna ora considerare la veridicità delle informazioni che derivano dall'azienda privata che gestisce gli impianti; vale a dire è compatibile con la realtà affermare che l'emissione di materiale radioattivo in mare, indipendentemente dalla quantità, sia insignificante per quel che riguarda le conseguenze sulla salute dell'uomo ?

Attingendo da informazioni ben meno opinabili, è doveroso ricordare che la radioattività, per essere eliminata del tutto rispetto al materiale con cui è entrata in contatto impiega tantissimi anni. La sua pericolosità consiste nella circostanza che si lega all'ossigeno ed entra ovunque, nel corpo umano od anche negli alimenti. L'assorbimento nel tratto gastro-intestinale è immediato e completo; totale è l'intossicazione del corpo tramite il sangue. Per questo semplice motivo è inutile stilare una sorta di funesta classifica che abbia come ambizione quella di squalificare la nocività del nucleare in quanto tale. Questo approccio equivarrebbe a giustificare un disastro ambientale e soprattutto a legittimare, in modo più o meno ignavo, un modo di produzione che con lo sviluppo delle forze produttive globali risulta essere in un rapporto castrante piuttosto che progressivo.

E' infatti una falsità tanto grossa quanto interessata il messaggio secondo cui la deriva nuclearista sia l'unica prospettiva che si innesti in un processo di continuità con il fabbisogno energetico mondiale. Niente di tutto questo. Il nucleare, infatti, rappresenta una delle più nocive fonti di energia non rinnovabili, e per questa sua semplice peculiarità comporta numerosi danni. Oltre a quelli più macroscopici, conseguenze di incidenti ed imperizie varie da parte dei vertici padronali delle aziende produttrici, vi sono quelli più prettamente insiti a questo modo produttivo e maggiormente tacitati dal mondo politico ed economico dei Paesi  a capitalismo avanzato.

 

La situazione italiana

 

Uno di questi, ormai noto, è quello delle scorie radioattive, cioè degli inevitabili scarti di lavorazione delle centrali nucleari. Stando ai fatti nostrani è quanto mai necessario un monito per chi ha a cuore la salute propria e delle future generazioni che popoleranno questa Terra martoriata; un monito che ci veda attenti e vigili sulle attività di pressione delle varie lobbies dell'atomo che pubblicizzano un ritorno all'attività nucleare anche in Italia. Non bisogna dimenticare Latina, Caorso, Saluggia, Moltanto di Castro, oltre all'Enea di Rotondella. Quell'Enea di Rotondella con le 64 barre di uranio regalateci dagli Usa; quell'Enea che negli anni Settanta intrattenne scambi di ricercatori e di plutonio con l'allora amico di comodo dell'imperialismo occidentale Saddam Hussein; quell'Enea che è ormai un impianto di vero e proprio stoccaggio senza alcun tipo di valutazione critica e scientifica in merito; quell'Enea in cui è presente materiale radioattivo derivante dalla mancata solidificazione di 2.7 metri cubi ad alta radioattività depositati nello stesso centro; quell'Enea (allora Cnen) la cui istituzione ingannò facilmente tanta parte del proletariato locale, promettendo sicuri ed agiati posti di lavoro, ed offrendo al contrario soltanto malattie come le leucemie, i cancri, e le degenerazioni del sistema respiratorio. Questo è stato l'apporto che l'instaurazione del nucleare ha avuto nei confronti dei territori limitrofi, non solo all'Enea di Rotondella, ma anche negli altri centri sparsi per l'Italia. Tenendo maggiormente presente che, come il Giappone, siamo un paese ad elevata sismicità; ma, al contrario del paese asiatico non possediamo la medesima attenzione e specificità rispetto alla tematica delle costruzioni antisismiche.

 

L'unica alternativa   

 

A tranquillizzarci non saranno certamente i proclami di quelle istituzioni che hanno decretato l'adozione e lo sviluppo di questa fonte energetica. Al contrario riteniamo necessario mantenere alta l'attenzione sui danni provocati, facendone il fulcro per un'opposizione di classe; tanto più in un momento in cui, nel dibattito politico italiano, da destra e da sinistra, arrivano nuove aperture al nucleare. Nel novero delle marionette delle lobbies dell'atomo rientrano certamente tutte quelle organizzazioni politiche ed ambientaliste che, più o meno ingenuamente, tentano di trovare un accordo tra due aspetti totalmente inconciliabili tra loro. E' impensabile prospettare un futuro in cui ci si possa liberare da queste obsolete e nocive modalità di produzione energetica, se non si costruiscono le basi per una pianificazione raziocinante ed estensiva dell'economia e di tutto ciò che le orbita intorno.

Per questi motivi riteniamo molto più costruttivo prendere in considerazione il carattere classista di questo modo produttivo, incanalando il nostro approccio sulla caratterizzazione delle entità sociali per le quali il nucleare è una prospettiva positiva. L'instaurazione di centrali, con tutti i margini di profitto che creano, in particolar modo con i finanziamenti statali, sono una miniera d'oro per quegli squali delle economie nazionali e transnazionali che ora battono cassa per "ristrutturare" le centrali in disuso, vista l'eccezionalità finanziaria di una costruzione "nuova". Al contrario, possiamo notare che, indipendentemente dalla centrale, ad entrare in contatto con l'imprescindibile radioattività che essa provoca sono gli operai e le popolazioni locali, con tutto il portato di malattie che comporta. E' pertanto chiaro ai nostri occhi che difendere le masse popolari da questi attacchi sempre più imponenti delle lobbies dell'atomo e del sistema politico al loro servizio significa legarsi indissolubilmente ad una prospettiva anticapitalistica.

Di conseguenza concludiamo ritenendo fondamentale pensare alla lotta contro il nucleare come una possibilità di vittoria transitoria, che troverà la sua necessaria completezza soltanto con il superamento di quel sistema economico e politico che lo ha prodotto; consci che solo una mobilitazione unitaria e di classe può raggiungere tale obiettivo.

       

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                                                                                        

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