Secondo la stampa, l’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu) distribuirà cibo solamente per 8.000 persone, con la scusa che i suoi depositi di generi alimentari sono stati depredati. Le false notizie sulla violenza nel Paese aumentano ed hanno lo scopo di dare l’impressione che c’è bisogno di soldati per mantenere l’ordine. Di fronte alla fame e alla sete, il popolo haitiano tenta di adattarsi come può poiché gli aiuti non arrivano.
Già cominciano ad essere diffuse notizie di furti e saccheggi nel Paese, così da rendere accettabile l’idea che ad Haiti ci sia bisogno della continuità della permanenza delle truppe straniere (Minustah). Tuttavia, quando l’uragano Katrina colpì gli Stati Uniti pure ci furono saccheggi e furti, ma non per per questo si giustificò la presenza di militari stranieri.
Informazioni provenienti dallo studente Rodrigo Bulamah, contenute nel blog dei ricercatori di Unicamp (Università di Campinas) che si trovano ad Haiti, danno la dimostrazione di un popolo fiero e che ha ancora la forza per rialzarsi. “Ciò che si vede oggi a Port-au-Prince, due giorni dopo il terremoto, è un esempio indescrivibile di civismo ed aiuto. Non c’è caos, come parte dei giornalisti tenta di propinarci, le persone non sono disperate, né c’è alcun segno dell’immaginaria barbarie che sta alla base del nostro pregiudizio su Haiti. Gli haitiani si stanno adeguando come hanno sempre fatto dopo ogni embargo ed ogni 'progresso economico internazionale' che hanno fatto implodere la produzione locale”.
Secondo lo studente esistono distruzione, morte e mancanza di risorse, ma il popolo haitiano sta trovando mezzi per affrontare questa situazione. “Abbiamo visto un accampamento immenso. Persone organizzate, che preparavano da mangiare, facevano la doccia, lavavano gli indumenti. Nessun segno degli aiuti internazionali di cui si riempiono la bocca le diverse autorità. Si attende lo spettacolo della distruzione per poi far partire lo spettacolo della cooperazione internazionale”.
Le informative si susseguono e ciò che si constata è che il popolo si è stancato di attendere le autorità borghesi. “Le persone stanno rimuovendo le macerie delle proprie case e del quartiere, baracche di fortuna sono state improvvisate per proteggere le persone. Vediamo medici haitiani in giro per la città a fare un lavoro da formica”.
Conlutas riafferma che si deve continuare ad esigere dal governo brasiliano la fine dell’occupazione militare di Haiti e che i relativi finanziamenti per il mantenimento delle truppe di occupazione siano utilizzati per aiutare il popolo di Haiti. E fa appello ai sindacati e alle organizzazioni dei lavoratori del Brasile e del mondo intero a mobilitarsi in solidarietà con Haiti.
Per questo, a partire dai sindacati, dai movimenti e dai partiti che hanno a cuore le sorti del proletariato, è necessario avviare una raccolta di fondi che, oltre ad essere di concreto aiuto per i nostri fratelli haitiani, ha anche un’importanza educativa nel senso di rafforzare il legame di classe internazionale fra i lavoratori.
Conlutas ha aperto un conto corrente presso il Banco do Brasil su cui far affluire il denaro raccolto.
Il PdAC rilancia quest’appello e si rivolge a tutte le istanze di movimento, ai sindacati ed ai partiti della sinistra, ai singoli militanti e attivisti, perché organizzino una raccolta di fondi.
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Nonostante abbia formalmente dichiarato che il Brasile manterrà il comando della Minustah (missione dell’Onu ad Haiti), un memorandum firmato con gli Stati Uniti mette in chiaro che i marines non si sottometteranno ad alcun controllo che non sia quello del loro stesso paese. In altre parole, praticamente gli Usa assumeranno il controllo dell’occupazione militare e della stessa Haiti.
L’intervento diretto delle forze armate nordamericani mette in evidenza il ruolo subalterno delle truppe dell’Onu. Non appena i militari degli Stati Uniti sono sbarcati nel paese, hanno subito assunto il controllo dell’aeroporto di PortauPrince, impedendo persino lo sbarco di aerei dell’aeronautica del Brasile. Con l’invio dei 10.000 marines deciso da Obama, le truppe dell’Onu diventeranno una mera forza ausiliaria degli Usa ad Haiti.
Nel pomeriggio del giorno 16, il Segretario di Stato degli Stati Uniti, Hillary Clinton, ha chiesto al parlamento di Haiti di conferire al presidente Preval ed agli stessi Stati Uniti maggiore autorità. “Un decreto darebbe al governo un’autorità enorme, che, in pratica, verrebbe delegata a noi”, ha affermato in un’intervista al New York Times. In questi poteri rientrerebbe quello di decretare il coprifuoco.
A quanto sembra, con l’aumento della minaccia alla stabilità politica e sociale ad Haiti provocata dal terremoto, gli Usa hanno scartato i mediatori e deciso di prendere direttamente in mano la situazione.
Ciò in quanto le truppe della Minustah al comando del Brasile si stanno già preparando a reprimere probabili manifestazioni contro la mancanza di cibo, acqua e medicine che, così ritengono, andranno aumentando nei prossimi giorni. “Considerando la mancanza di acqua, di combustibile e cibo, le persone cominceranno a ribellarsi”, ha affermato Jobim, che ha aggiunto che l’occupazione militare dovrebbe durare “per lo meno più di cinque anni”.
Il generale Jorge Armando Félix, ministro del Gabinetto della Sicurezza Nazionale della Presidenza della Repubblica, a scanso di ogni equivoco ha spiegato chiaramente che le forze dell’Onu ad Haiti non hanno carattere umanitario bensì di “sicurezza”. “Il battaglione non può abbandonare la sua missione”, ha dichiarato alla stampa. Oggi, 16 gennaio, il vicecomandante dello Stato Maggiore della Difesa del Brasile, Paulo Zuccaro, ha detto che è allo studio l’aumento del contingente militare ad Haiti.
Nel frattempo, gli abitanti di Haiti fanno sulle loro sole forze e sulla solidarietà per l’estrazione dei feriti e dei cadaveri dalle macerie, così come per la sopravvivenza quotidiana nel paese devastato.