La “democrazia” borghese mostra il suo vero volto
Massacri e repressione di massa in
Colombia
di Davide Margiotta
Una grande ondata di lotte sta infiammando negli ultimi mesi
la Colombia di Uribe, principale alleato dell’imperialismo yankee in
America Latina. Uribe ha presentato la sua presidenza come quella che avrebbe
vinto la guerra contro i “terroristi”, quella della “sicurezza democratica”,
cercando di tenere i problemi sociali lontani dall’agenda politica, ma i fatti
hanno la testa dura, e le contraddizioni della società colombiana stanno
esplodendo, aggravate dalla crisi economica mondiale che colpisce duramente il
Paese.
La rivolta indigena
In Colombia ci sono 102 popoli indigeni, in tutto un milione
e mezzo di persone che vivono una situazione di sopraffazione e sfruttamento. La
protesta indigena (organizzata nella “Minga de resistencia de los pueblos”) ha
avuto inizio il 12 ottobre, giorno in cui in Occidente si celebra la “scoperta
dell’America”, in seguito all’aumento esponenziale degli omicidi di indigeni da
parte delle forze paramilitari guidate da Uribe e dagli Stati Uniti. Secondo
l’Organizzazione nazionale indigena della Colombia (Onic), “negli ultimi sei
anni sono stati assassinati 1253 indigeni in tutto il paese, ogni 53 ore un
indigeno viene assassinato e almeno 54 mila indigeni sono stati espulsi dai
propri territori”.
Il movimento indigeno si batte per l’autodeterminazione,
per la restituzione delle terre, contro gli accordi commerciali firmati con gli
Usa, le violazioni dei diritti umani, il nuovo codice minerario, la legge
sull'acqua e le foreste.
Il 21 ottobre a Piendamo, nel Cauca, diecimila nativi si sono
messi in marcia lungo la Carretera panamericana toccando diversi Paesi e
diventando sempre più numerosi, allarmando il governo che non ha esitato a far
aprire il fuoco contro i manifestanti.
Inchiodato da un video della Cnn, il
presidente ha ammesso gli spari contro le mobilitazioni, che hanno causato oltre
trenta vittime. Il governo, dopo aver cercato di addossare la responsabilità dei
massacri a narcotrafficanti e Farc, ha finalmente riconosciuto (e poi
giustificato) il ruolo degli agenti di sicurezza nella carneficina di queste
settimane. Senza peraltro riuscire a fermare una mobilitazione che si fa sempre
più imponente. Nonostante le violenze, la rivolta va avanti. La protesta si
doveva concludere il 27, ma dopo il fallimentare incontro del 2 novembre fra
alcuni ministri e migliaia di membri delle diverse etnie che non ha risolto le
questioni dei diritti umani e della distribuzione delle terre, è stato deciso
che la protesta continuerà con una marcia su Bogotà.
Una ondata di scioperi e la rivolta dei
cañeros
Alla mobilitazione indigena si sono sommate altre proteste:
trasportatori, studenti, dipendenti pubblici, funzionari di imposte e dogane e
persino la magistratura, il cui sciopero è durato ben 43 giorni. Mentre questo
articolo viene scritto i tagliatori di canna da zucchero della regione della
Valle del Cauca da più di un mese occupano le raffinerie.
La canna da zucchero rappresenta dopo il caffè il secondo
settore di importanza nell’economia nazionale. Circa 18 mila lavoratori della
canna da zucchero (i cañeros) hanno iniziato uno sciopero esigendo aumenti
salariali, la fine della precarietà, il miglioramento delle condizioni di lavoro
e la sospensione delle Cooperative di lavoro associato (Cta). Il 90% dei 18 mila
cañeros della regione è legato alle piantagioni per mezzo di 23
Cooperative di lavoro associato. Tramite queste cooperative si è imposto un
regime contrattuale informale, producendo un regime di semi schiavitù con
giornate lavorative di 70 ore settimanali per un salario medio di 230 dollari.
Il lavoratore figura al tempo stesso padrone e operaio, per cui deve effettuare
egli stesso i versamenti per la previdenza sociale e per gli incidenti sul
lavoro.
La Central unitaria de trabajadores (Cut), la principale centrale
sindacale del Paese, ha indetto uno sciopero nazionale in solidarietà con le
lotte indigene e per l'aumento dei salari. La crisi mondiale ha causato infine
una serie di truffe finanziarie provocando dure manifestazioni di protesta,
soffocate ancora una volta dalla repressione brutale del regime "democratico" di
Uribe. I promotori delle società finanziarie, dopo aver applicato tassi di
interesse fino al 150%, sono spariti con i milioni di dollari depositati dagli
incauti risparmiatori.
Unire le lotte!
La situazione colombiana è esplosiva e le molte lotte
mostrano grandi possibilità. Ma per vincere è necessario che queste lotte si
uniscano fino alla costruzione di una mobilitazione unitaria e di massa che
abbia l’obiettivo di cacciare il governo filo-imperialista di Uribe, per
costruire l’unica vera alternativa possibile: un governo dei lavoratori per i
lavoratori. Il solo in grado di rompere i legami con l’imperialismo mondiale,
garantire una vita dignitosa a tutti, risolvere la questione della terra e
riconoscere i diritti negati ai popoli indios. Nell’ottica di una
Federazione socialista dell’America Latina. In questa prospettiva lottano i
nostri compagni del Pst, sezione colombiana della Lega Internazionale dei
Lavoratori - Quarta Internazionale.