Il governo dei patrioti svende la compagnia aerea
nazionale e licenzia 2300 lavoratori
di Daniele Cofani operaio Atitech (ex Alitalia)
Sulla questione Alitalia abbiamo scritto molto prevedendo spesso i passaggi nefasti dei vari governi che si sono succeduti, anche di fronte alle solite promesse elettorali mai rispettate - se non addirittura capovolte - dal volere del capitale a cui i governi sono asserviti. È il caso anche di Fratelli d’Italia, ora alla guida del governo Meloni, che in campagna elettorale, per voce di Rampelli (ora vicepresidente del Senato), ma anche della stessa Meloni, si erano innalzati a paladini delle istanze dei lavoratori Alitalia durante la grande lotta contro il piano Ita del 2021, per poi dimenticarsi di tutto appena saliti al potere, diventando lo strumento principale per portare a termine la svendita di Ita Airways alla compagnia tedesca e diretta concorrente Lufthansa (1).
Ricordiamo che il governo Meloni aveva ereditato, dal precedente esecutivo a guida Mario Draghi, una nano-compagnia pubblica - Ita Airways - nata dalle ceneri di Alitalia dal cui smantellamento furono costituite ulteriori due società private per svolgere i servizi a terra e la manutenzione, Swissport e Atitech. Il tutto è avvenuto con migliaia di lavoratori e lavoratrici lasciati a terra durante i passaggi societari, con una selezione basata quasi esclusivamente su base clientelare tra le aziende e le direzioni di Cgil, Cisl e Uil.
Il «patriottismo» del governo
Fdi, durante la propaganda elettorale, nel nome del «patriottismo», aveva promesso di rilanciare una compagnia nazionale a difesa degli interessi della «Patria» (sic!), salvaguardando anche i lavoratori: come avevamo già anticipatamente previsto non è andata proprio così, anzi.
È stato proprio il nuovo governo Meloni che ha portando a compimento il piano Ita e la svendita a Lufthansa attraverso un nuovo progetto di privatizzazione, mediante la firma di accordi siglati presso il dicastero delle finanze per mano del ministro Giorgetti (Lega), il quale ha esultato appena raggiunto l’accordo, con il via libera alla cessione di Ita da parte della Commissione europea, definendolo un «successo italiano ed europeo». Oltre al ministro, anche tutto il codazzo delle principali direzioni sindacali ha esultato per l’ennesimo passaggio di privatizzazione della compagnia nazionale, come se non gli fossero bastati già tutti i precedenti fallimenti da loro stessi avallati.
Caro ministro in questa vicenda l’unico ad esultare è chi si sta accaparrando, con poche centinaia di milioni, di un bene pubblico e un servizio di trasporto essenziale per milioni di persone e con esso il terzo mercato del trasporto aereo europeo: un servizio che poteva essere gestito con capitale pubblico e con il diretto controllo dei lavoratori, generando ricchezza collettiva nel rispetto delle condizioni di lavoro e dell’ambiente.
Invece il successo di cui parla Giorgetti sta portando alla perdita di un bene comune senza nessuna prospettiva per i lavoratori che lavorano nelle tre società nate dalla frantumazione di Alitalia - anche a fronte dei nuovi «sacrifici» richiesti dalla Ue - ma soprattutto nessuna prospettiva per le migliaia di lavoratori rimasti ancora a casa. Infatti non è un caso che, proprio mentre Giorgetti esultava, i commissari straordinari di Alitalia in a.s. il 7 luglio (di domenica) hanno avviato le procedure di licenziamento collettivo per 2300 lavoratori, anticipando anche i tempi previsti: ricordiamo che il governo Meloni ha sancito per decreto il licenziamento dei lavoratori e delle lavoratrici Alitalia entro il 31 ottobre del 2024.
Seppur l’apertura della procedura fosse prevista, questa accelerazione dà l'idea di come il governo si voglia sbarazzare quanto prima dei lavoratori, condannandoli alla disoccupazione e all’oblio.
La risposta che serve
Non si è fatta attendere la reazione dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali di base, Cub e Usb, che hanno prontamente organizzato assemblee e una prima iniziativa di protesta il 30 luglio sotto al Ministero del Lavoro durante la prima fase della procedura di licenziamento, iniziativa terminata con un incontro interlocutorio con i rappresentanti del Ministero conclusosi con le solite false promesse. Chiaramente tutto ciò non basta: bisognerà tornare al contrattacco quanto prima per respingere i licenziamenti. Ma sappiamo benissimo che se la mobilitazione continuerà a rimanere isolata, senza tornare a mettere in discussione il piano Ita nel suo complesso (smantellamento e vendita a Lufthansa), non avrà la giusta forza per giungere alla vittoria.
Non è un caso che il momento più forte della lotta contro il piano Ita e per una compagnia unica e pubblica ci fu quando il Comitato Tutti A Bordo riuscì a unire la lotta Alitalia con le molte altre lotte in corso in quel momento: Gkn, Caterpillar, Tim, Ilva, le lotte studentesche ecc. Ad oggi l'esperienza del Comitato rimane un esempio di organizzazione e lungimiranza nato nel fuoco della lotta contro un piano fallimentare ma anche contro un governo (Draghi) degno rappresentante del sistema capitalista. Per questo è anche importante condurre una lotta che si ponga come obiettivo la distruzione del capitalismo, per una nuova società senza più oppressione e sfruttamento. Per arrivare a questo serve costruire insieme un partito di classe, rivoluzionario e internazionale. È l’obiettivo che si pone Alternativa comunista, sezione italiana della Lit-Quarta Internazionale.
Note
1) https://www.alternativacomunista.it/articoli/sindacato/il-settore-aereo-in-lotta-contro-inflazione-e-sfruttamento