I manifestanti in Libia rifiutano l'intervento militare straniero
NESSUNA FIDUCIA NELL'IMPERIALISMO
dal sito del Pstu (*)
Nonostante la brutalità della repressione del dittatore libico Muammar Gheddafi, i manifestanti respingono l'intervento Usa nel Paese, una possibilità che è stata paventata dopo la risoluzione dello scorso fine settimana del Consiglio di Sicurezza dell'Onu.
A
Bengasi, centro di opposizione al dittatore e seconda città più grande del Paese,
una striscione in piazza riportava questa frase: "NO FOREIGN INTERVENTION,
Libyan People Can Manage it ALONE" ("No a un intervento straniero, il
popolo libico può fare da sé"), e vicino c'era una manifestante con la
bandiera libica dell'era pre-Gheddafi. Il corrispondente dell'Estadão (periodico dello Stato di San
Paolo in Brasile, ndt) nella regione, Lourival Santana riferisce che "i
ribelli non vogliono sentire parlare e non hanno bisogno di truppe straniere;
dicono che sul terreno sono superiori alle forze fedeli al regime".
Secondo
un blogger libico che scrive dalla capitale Tripoli al quotidiano britannico Guardian, sotto lo pseudonimo di
Mohammed: "Una cosa sembra tenere uniti tutti i libici: qualsiasi
intervento militare via terra, di qualsiasi forza straniera, scatenerà
battaglie molto più dure che non i mercenari". In seguito il blogger rifiuta
anche un attacco aereo. "Questa è una rivoluzione totalmente popolare, il
nostro combustibile è stato il sangue del popolo libico".
Dopo
aver attaccato l'ipocrisia dei Paesi imperialisti che hanno ignorato la
dittatura e l'oppressione del popolo libico per decenni, Mohammed dice ai Paesi
occidentali: "Non trasformate una rivoluzione popolare pura in una
maledizione che cadrà su tutti" .
Dopo che
il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha determinato il 27 febbraio una serie di
sanzioni contro la Libia
e l'inizio di un processo di investigazione sui crimini di guerra commessi nel Paese,
gli Stati Uniti hanno annunciato l'avvicinamento alle coste della Libia di
unità della loro marina militare. Due navi da guerra, con centinaia di marinai
sono di stanza nel Mar Mediterraneo pronti per un eventuale intervento. Allo
stesso tempo gli Stati Uniti paventano la possibilità di dichiarare uno
"spazio di interdizione al volo", che in pratica significa
l'invasione del Paese per via aerea e il bombardamento delle posizioni delle
forze pro-Gheddafi.
Il
popolo libico e i settori dissidenti dell'Esercito, tuttavia, mostrano la forza
della rivoluzione contro Gheddafi. Da est, l'opposizione sta avanzando sulla
capitale e oggi il dittatore si vede intrappolato a Tripoli. Secondo la stampa
internazionale in tanti, e specialmente i giovani, stanno seguendo un
addestramento militare a Bengasi per lo scontro finale contro il dittatore.
Dalla
fine degli anni Novanta, con l'avvicinamento del dittatore all'Occidente e
l'apertura del Paese alle multinazionali, gli Usa, così come l'imperialismo
europeo, sono venuti intensificando le loro relazioni con il regime di
Gheddafi. Obama ha condannato apertamente il dittatore libico solo quando è
stato chiaro che la sua dittatura aveva i giorni contati. Da lì in poi, gli Usa
stanno tentando di utilizzare la stessa tattica che utilizzano in Egitto,
ossia, articolare e tentare di dirigere la transizione nel Paese, mantenendo i
loro interessi. In Libia questo è particolarmente importante a causa del
petrolio e del gas esportati in tutto il pianeta.
Il
popolo libico, però, non mostra di riporre alcuna fiducia nell'imperialismo e
si organizza per sconfiggere Gheddafi con le proprie mani.
(*) dal sito del Pstu, sezione brasiliana della Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale - www.pstu.org.br/
(traduzione dal portoghese di Giovanni "Ivan" Alberotanza)