Partito di Alternativa Comunista

DIFENDIAMO LA DONNA DALL'ATTACCO CLERICALE

Le nostre proposte per i rendere concreti i diritti delle donne
DIFENDIAMO LA DONNA DALL'ATTACCO CLERICALE
 
di Fabiana Stefanoni*
 
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L'irruzione della polizia al policlinico di Napoli, con il violento interrogatorio di una donna subito dopo l'interruzione di gravidanza, è un fatto gravissimo, la goccia che ha fatto traboccare un vaso che si riempie, ogni giorno, di nuovi attacchi ai diritti delle donne
 
Da Giuliano Ferrara e la sua richiesta di "grande moratoria" sull'aborto, ai sempre più frequenti appelli del papa a "salvaguardare la vita prima della nascita", dalla richiesta di medici romani (di fatto legittimata anche dall'ordine dei medici nel suo complesso) di rianimare i feti abortiti, alle proposte di modifica, in senso restrittivo, della legge 194: ormai non passa giorno senza che i diritti acquisiti dalle donne in decenni di battaglie non vengano messi in discussione.
I fatti di Napoli e la nuova ondata oltranzista cattolica non sono che la punta dell'iceberg di una realtà fatta di quotidiani attacchi ai diritti e alla salute delle donne. Realtà della cui esistenza sono parimenti responsabili i due schieramenti, di centrodestra e centrosinistra: è un dato di fatto che il governo Prodi - per mano della ministra Turco, che oggi si atteggia a paladina dei diritti negati - col sostegno della sinistra governista ha mantenuto e peggiorato i provvedimenti presi dal precedente governo, anche sul terreno dei diritti civili.
Vediamo, nel dettaglio, quello che non è cambiato, per le donne, in due anni di governo Prodi.
 
Legge 194: la legge 194, che regola l'interruzione volontaria di gravidanza, è stata messa in discussione nei fatti molto prima delle uscite di Ferrara e Bagnasco. L'obiezione di coscienza di moltissimi medici rende praticamente impossibile abortire in tante cliniche, nella stragrande maggioranza di quelle private convenzionate che, oggi, con il progressivo smantellamento della Sanità pubblica, sono sempre più diffuse. Solo per fare un esempio, in Veneto la percentuale dei medici obiettori di coscienza, che si rifiutano cioè di praticare l'interruzione di gravidanza, oscilla tra l'81% e il 98%; nessuna delle strutture sanitarie private convenzionate, sempre più la norma, pratica l'IVG. Non solo: in Veneto come nella maggioranza delle altre regioni, i tempi di attesa tra la certificazione e l'intervento, evidentemente con fini dissuasori, sono lunghissimi, con rischi enormi per la salute della donna.
Tutto questo è aggravato e fomentato dal fatto che le associazioni antiabortiste di fatto colonizzano molti ospedali, anche pubblici: non è infrequente trovarsi in un reparto di ginecologia circondate da manifesti che ci spiegano che "la vita è un dono sempre" (tranne quella delle donne, che possono evidentemente metterla a rischio in ossequio ai diritti di un ovulo fecondato). Al di là del progetto di legge in discussione nella regione Veneto (col sostegno anche di settori del PD), che vuole rendere strutturale negli ospedali la presenza dei volontari del "Movimento per la vita" (associazione oltranzista cattolica), le associazioni antiabortiste hanno ricevuto finanziamenti e proposte di collaborazione coi consultori da parte di Regioni sia di centrodestra che di centrosinistra. Inoltre, sono in atto tentativi per rivedere, in senso restrittivo, il tempo utile per abortire in caso di aborto terapeutico (quello concesso dalla legge 194 in caso di malformazioni del feto o pericolo per la salute, fisica e psichica, della donna): la regione Lombardia ha varato un decreto che abbassa alla ventiduesima settimana il tempo limite, con il divieto di aborto selettivo per gravidanze plurime. Due anni di permanenza della sinistra al governo con Prodi non sono serviti nemmeno a porre argine a questa situazione generale di estrema difficoltà per la donna che chiede di abortire. Anzi, i tagli alla Sanità pubblica e i processi di privatizzazione hanno favorito la messa in discussione del diritto di aborto: come ho ricordato, nelle cliniche private convenzionate raramente l'IVG è praticata.
 
Legge 40: l'ignobile legge 40, che regolamenta la procreazione medicalmente assistita, è la dimostrazione nei fatti che non esiste sostanziale differenza, nemmeno sul terreno dei diritti civili, tra le politiche del centrodestra e quelle del centrosinistra. Il governo Prodi e la sua maggioranza, infatti, si sono guardati bene dal porre in discussione questa legge oscurantista. Approvata nel 2004, la legge esclude la fecondazione eterologa e permette la fecondazione assistita solo alle coppie eterosessuali e solo dopo accertamento di sterilità o infertilità. Una prima discriminazione, quindi, riguarda le lesbiche: figuriamoci se un governo che ritiene addirittura scandaloso punire l'omofobia (si ricordino le rimostranze, accolte dal governo, della Binetti in relazione al decreto razzista sulla sicurezza) poteva mettere in discussione questa discriminazione! Ma anche le donne eterosessuali non se la passano tanto bene: la legge 40 impone di produrre tramite la fecondazione assistita un massimo di tre embrioni e di impiantarli tutti e tre nell'utero con grossi rischi per la salute della donna. Per difendere il "diritti" di un'infinitesimale particella di materia, l'embrione, si violano spudoratamente i diritti delle donne, compreso quello alla salute. Siamo al paradosso, che solo il cieco pregiudizio religioso può non vedere: alle donne è negato sia il diritto di abortire, sia quello di avere figli, in particolare questo vale per le donne proletarie. Ormai, è sempre più diffuso, per le coppie che tentano di avere figli, il ricorso a cliniche estere, cosa ovviamente possibile solo a chi dispone delle risorse economiche necessarie.
 
Pillola RU486: a governo ormai agli sgoccioli e con evidente intento propagandistico, la ministra Turco si affanna nel tentativo di "fare qualcosa di sinistra" per le donne. In particolare, sta sbandierando come effetto della sua personale battaglia l'imminente introduzione, in Italia, della pillola abortiva RU486, un farmaco che permette l'interruzione di gravidanza senza necessità di ricorrere all'intervento chirurgico. Niente di più falso: di fatto, l'introduzione in Italia della RU486 s'impone per i fatto che a fine febbraio scadono i termini della procedura di autorizzazione. Infatti, per essere stata approvata dalla quasi totalità dei Paesi dell'Unione Europea, la ditta farmaceutica produttrice della pillola ha avviato una procedura di mutuo riconoscimento i cui termini scadono ora. Tanto per dare l'idea del ritardo dell'Italia, non solo la RU486 è stata inserita dall'Organizzazione mondiale della sanità nella lista dei farmaci essenziali, ma in Francia è stata adottata addirittura 20 anni fa. Se la RU486 non ci esalta, essenzialmente per gli aspetti di mercato legati alla sua produzione - in un regime di produzione capitalistica difficilmente può uscire qualcosa di veramente buono per la salute della donna dalle aziende farmaceutiche - tuttavia è indubbiamente significativo il fatto che il governo Prodi, per non turbare i sonni dei cattolici del suo schieramento, abbia limitato e spesso ostacolato persino la sperimentazione di questo farmaco, un modo per abortire probabilmente meno invasivo dell'intervento chirurgico e che dovranno essere prima di tutto le donne a scegliere.  Le stesse Regioni di centrosinistra, come la Campania, hanno bloccato di fatto la sperimentazione farmacologica. Purtroppo, in un Paese in cui è difficile procurarsi addirittura la pillola del giorno dopo - anche in questo caso, tra l'altro, è prevista l'obiezione di coscienza da parte dei medici - non ci stupiamo più di nulla.
 
Diritti delle donne immigrate ed educazione sessuale nelle scuole: ma la ministra Turco ha fatto anche un passo più in là. In sintonia col clima di intolleranza razziale e di caccia al rumeno, fomentato anche dal Pacchetto sicurezza, il ministero della Salute ha imposto alle donne neo-comunitarie (rumene in primis) senza un contratto di lavoro il pagamento di ben 810 euro per l'interruzione di gravidanza. La disposizione, che impone anche il pagamento in caso di parto o altre prestazioni mediche, risale al 3 agosto scorso (la Turco verrà a raccontarci che non se n'è accorta perché era già in vacanza?) ed è stata via via applicata dalle Regioni (solo Piemonte e Marche per ora mancano all'appello). Un modo per infierire sui più deboli: mentre si propongono detassazioni sui profitti (in crescita) del padronato, si chiede a chi è immigrato e non ha lavoro di sborsare soldi per ricevere i servizi basilari. Qui emerge tutta l'ipocrisia degli appelli alla vita: come non accorgersi che in questo modo si favorirà l'aborto clandestino?
Le donne immigrate sono i soggetti che subiscono maggiormente l'esclusione dai servizi: spesso non esiste nemmeno la consapevolezza, per una disinformazione creata ad arte, dei servizi esistenti (troppo pochi, purtroppo) per le donne, come i consultori. In generale, il problema della disinformazione riguarda le nuove generazioni di donne. Mentre nelle scuole troviamo l'insegnamento della religione - con insegnanti che spesso e volentieri fanno propaganda antiabortista - e mentre si finanziano abbondantemente le scuole private confessionali, non è prevista, per cieco pregiudizio, nemmeno un'ora settimanale di educazione alla sessualità e alla salute. 
 
Smantellamento dello stato sociale e precariato: più in generale, lo smantellamento della sanità pubblica - con i tagli previsti dalle Finanziarie di entrambi gli schieramenti e le connesse politiche di esternalizzazione e privatizzazione - aggrava il problema e la condizione delle donne. La donna è soggetta a un doppio sfruttamento: sul lavoro, dove tra l'altro spesso è relegata alle mansioni più dequalificate, ma anche in famiglia, poiché sulle donne lavoratrici ricade anche il peso del lavoro domestico non remunerato. La precarietà del lavoro colpisce maggiormente le donne, che si trovano in una condizione di pesante ricatto: la gravidanza risulta di fatto inconciliabile con il lavoro, poiché, soprattutto nei contratti a progetto, coincide con la fine del rapporto lavorativo. Una realtà, questa, doppiamente pesante per le donne immigrate.
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Serve una vera alternativa!
 
Le grottesche polemiche relative alle candidature "laiche" nel PD, non fanno altro che confermarci ciò cui abbiamo assistito in questi due anni di governo Prodi: che il centrosinistra si preoccupa di assecondare le richieste del Vaticano e nulla ha fatto né intende fare per difendere i diritti delle donne. Nessun governo borghese potrà veramente prendersi cura della salute e dei diritti delle donne: occorre un'economia pianificata per la soddisfazione dei bisogni sociali. Per questo noi riteniamo, diversamente dai partiti della Sinistra Arcobaleno - che in questi due anni di governo Prodi sono stati complici della mancata difesa delle donne dalla crociata oltranzista cattolica - che per difendere la donna occorra rompere con i partiti della borghesia e del Vaticano, compreso il PD. Noi crediamo si debba partire dalle lotte e dalle mobilitazioni delle donne di questi mesi, evitando che siano strumentalizzate, per fini elettorali, dai partiti governisti.
 
Il nostro programma prevede:
 
La difesa e il miglioramento della Legge 194, garantendone l'applicazione in tutti gli ospedali attraverso l'abolizione dell'obiezione di coscienza.
 
La cancellazione immediata della legge 40.
 
L'esclusione del Movimento per la vita e delle altre associazioni antiabortiste dai consultori e dai reparti di ginecologia.
 
Il potenziamento dei servizi pubblici a supporto delle donne, come  asili nido, lavanderie e mense sociali di quartiere, centri per anziani e disabili, consultori e ambulatori pubblici diffusi nel territorio, abolendo ogni finanziamento ai servizi privati e del privato sociale.
 
Il controllo delle donne, delle giovani e delle immigrate sull'erogazione e la gestione di tali servizi.
 
La sostituzione a scuola dell'ora di religione con un'ora di educazione alla sessualità, alla contraccezione e alla salute.
 
Parità di diritti nelle adozioni e nella fecondazione assistita per le donne single e lesbiche.
 
Sono obiettivi che potranno essere conquistati solo la mobilitazione delle lavoratrici e delle giovani e del movimento operaio nel suo complesso, nella più completa autonomia di classe dalla borghesia e dai suoi governi.
 

*Candidata presidente per il Partito di Alternativa Comunista

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